Con la previsione/speranza di poter di nuovo viaggiare verso la Patagonia il prossimo inverno, trovando un’ Argentina uscita dal girone della pandemia, ho proposto ad Alberto una due giorni in zona Carè Alto.
Il granito dell’Adamello-Presanella è stato la mia scuola d’alta montagna e lo reputo tuttora un ambiente severo e tutt’altro che scontato, perfetto per conoscersi in previsione di una spedizione nel massiccio di El Chaltèn.
Scelgo di inanellare quelli penso siano i due itinerari più emblematici del sottogruppo del Carè Alto: la cresta SE del Carè e la Maffei sulla cima di Prà Vecchio. La prima una cavalcata in ambiente nell’ordine del III e IV grado, con accesso e rientro glaciali e terreno da corda corta, la seconda una salita in roccia verticale con qualche passo di VII e un rientro a corde doppie breve ma non scontato.
Per fare una traversata delle due valli saliamo in tarda serata alla casina Dosson, in val di San Valentino, dove passiamo la notte con due coperte d’aereo che lasciamo a disposizione dei futuri ospiti. Al mattino Alberto mi fa notare che dopo l’esperienza del materassino da 2 mm forse ha rivalutato il suo materasso di casa, che pensava di cambiare perché troppo morbido.
Dopo essere passati sotto la parete S con in bella vista le vie -Sogni erotici- e -Beverly- raggiungiamo l’attacco originale della cresta. La saliamo in 3 ore restando esattamente sul filo. E’ la mia terza ripetizione di questo itinerario e l’ho sempre salito diversamente, il percorso si presta a svariate interpretazioni e si può passare un pò dove si vuole.
E’ stato salito la prima volta nel 1896, quando i chiodi non esistevano e gli alpinisti avevano l’occhio allenato ad evitare le difficoltà, anche perché non esistevano chiodi da roccia o moschettoni. In pratica se si fanno passaggi più difficili di IV si ha sbagliato via.
La soluzione di tenere sempre strettamente il filo di cresta è secondo me la più interessante: la roccia è compatta, il panorama spettacolare, non si trova neve e si prende il sole. Le difficoltà alternano passaggini divertenti che non superano mai il IV a parte un singolo passaggio di V (azzerabile), che può essere evitato con una traversata oppure una breve calata verso E.
Scesi dalla normale raggiungiamo il rifugio Carè Alto dove trovando la consueta ottima ospitalità pranziamo e dormiamo la “siesta”.
L’indomani in circa un’ora e mezza traversiamo dal sentiero 215, fino alla base della parete E di Cima di Prà Vecchio.
Se lo Spigolo SE del Carè verrà ripetuto una decina di volte all’anno o poco meno, questa via conta le ripetizioni su una mano.
Sapevo di andare a colpo sicuro avendola ripetuta nel 2013 ma sia io che Alberto restiamo entusiasti! L’arrampicata è varia e alterna passaggi fisici in fessure e diedri verticali a spigoli tecnici con passi di movimento.
La via è insolitamente ben chiodata per essere in un ambiente così remoto, e il granito è quasi sempre della migliore qualità. In discesa aggiungiamo qualche doppia (avendo un corda singola da 50m) e concludiamo la gita con la sgroppata a valle passando dal passo degli Altari.
Una doppietta che mi sento di consigliare a chi vuole conoscere il meglio della zona nell’ordine di queste difficoltà.
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