11 Luglio 2024
Caro Tomas,
con queste righe vorrei condividere con i tuoi cari, amici e colleghi qualche ricordo.
Io e te non abbiamo fatto tante scalate assieme, ma quelle poche sono state tra le più emblematiche della mia vita di alpinista.
Come dimenticare il Pilone del Freney con Giulia e i quasi due mesi di spedizione alla torre Egger assieme a Ermanno e Paolo. Ci tenevi tantissimo, eri il più motivato, addirittura più di Ermanno. Quella via te la sognavi di notte e sei stato il motore del gruppo. Eri quello che caricava di più lo zaino, il primo a battere traccia, il primo ad alzarti la mattina in truna e a sciogliere la neve per colazione. Non serviva mettere dei turni di corvè, semplicemente ti piaceva adoperarti per noi. Pur cercando dei momenti di solitudine, sapevi stare con le persone e ti prendevi cura come pochi dei tuoi compagni.
Sulla Egger scalavamo a coppie, io e te spesso insieme. Ricordo che una mattina ci siamo trovati alla base di una fessura perfetta, una spada al centro della parete. Faceva un freddo siderale e tirava vento. Io indossavo tutto quello che avevo e davo per scontato che saremmo saliti in artificiale. Tu, zitto zitto ti sei tolto giacca e scarponi e sei partito in arrampicata libera, volando alcuni metri dopo con un dito scorticato. Ho capito poi che lo stavi facevi per omaggiare quella fessura, era così bella che volevi almeno provare a salirla nel migliore dei modi.
Eri una persona che pensava. Ti annotavi tutto sul tuo diario, note tecniche, ma soprattutto sensazioni, pensieri. Il tuo animo sensibile deve averti giocato qualche brutto scherzo nella vita, tu davi tutto ma non sempre venivi ricambiato, nemmeno da me. Ricordo che più volte mi hai chiesto di scalare e io facevo l’evasivo, immagino una serie di motivi tra cui quello che per me eri già troppo avanti. Ci siamo conosciuti in una fase della vita dove per entrambi la montagna era il fulcro di tutto, ma tu eri un fuoriclasse e hai continuato sulla tua via mentre io ho preso la strada del compromesso, come forse fa la maggior parte delle persone.
Ho sempre pensato che fossi l’alpinista più forte con cui ho scalato, non solo tecnicamente, ma di testa. Dove in una situazione di incognita e stress una persona normale calava una marci,a tu eri in grado di trovare la forza e concentrazione per proseguire. È qualcosa che non si affina con l’allenamento, un senso della montagna e un coraggio che solo uno su mille ha e sono contento di averlo visto almeno una volta nella vita.
Qualcuno potrebbe pensare che fossi avventato, uno scavezzacollo. Non è assolutamente così. Tu i pericoli li vedevi eccome, a volte sceglievi di accettarli, con grande rispetto e consapevolezza.
Eri uno che si faceva bastare poco per vivere e in questo mondo dettato dalle regole del consumismo, tu sapevi accontentarti. Più che di cose ti circondavi di esperienze.
Sei diventato famoso come alpinista ma eri anche un’ottima guida. Il mestiere sulle montagne di casa ti stava stretto, troppe ferrate e gite con i turisti. Avevi bisogno di esprimerti su un terreno più impegnativo e lo hai trovato sulle cime più alte delle Alpi, lavorando per agenzie rinomate e facendoti apprezzare soprattutto per l’entusiasmo e la passione che sapevi trasmettere.
La cosa che più ho apprezzato di te è l’amore incondizionato per la montagna che si riflette in quello che hai fatto. Volevi veramente stare nella natura, sentirla sulla pelle, viverla nel profondo. Dei social, sponsor e dell’apprezzamento della società non ti fregava poco o nulla. Eri un duro e puro, fedele alle tue idee e dotato del coraggio necessario per seguirle, anche se questo voleva dire allontanarti e forse inselvatichirti sempre di più. Spero che molti giovani alpinisti leggano il tuo libro, il tuo curriculum, ripetano le tue vie e percepiscano il tuo stile puro ed essenziale. Hai lasciato molto e dato un esempio indelebile.
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