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Tutti vogliono aprire vie nuove, lasciare la propria firma su una parete appaga l’orgoglio ma a quale prezzo? Su molte montagne e pareti le linee hanno saturato lo spazio, si accavallano più volte al punto che servono le freccette di indicazione. Sempre più spesso itinerari del passato vengono chiodati a fix o cancellati da nuove vie che li ricalcano.
Oltre un certo limite, dato dal buonsenso, dalle regole etiche e dal senso estetico, un nuovo itinerario invece di arricchire una parete la impoverisce. Questo è purtroppo accaduto e continua a succedere su alcune pareti della valle del Sarca.
In questi anni questa consapevolezza mi ha portato, perlomeno in valle del Sarca, ad accantonare la foga da apritore per dedicarmi anche a qualcos’altro: le vie dimenticate.
Esistono parecchi itinerari aperti venti o trent’anni fà da alpinisti molto forti, che avevano a disposizione intere porzioni di pareti e si accaparravano le linee più belle e logiche.
Chiodavano poco e solo dove estremamente necessario, non disgaggiavano dai sassi e dall’erba perché ai tempi l’obiettivo era salire, non divertirsi. Poche protezioni non sempre buone, informazioni non precisissime e roccia spesso sporca e a tratti friabili sono variabili che non vanno molto di moda, per questo questi itinerari sono finiti nel dimenticatoio.
Valorizzarli non è una novità, Heinz Grill e i suoi amici per esempio hanno ripescato dall’oblio molte grandi e bellissime vie negli ultimi anni. Personalmente penso che la maniera migliore di procedere in questi casi sia agire come un restauratore d’arte, fare poco e solo dove serve.
Pulire qua e là dall’erba e dagli appigli friabili, ribattere ed eventualmente riposizionare i chiodi più precari, solo se serve veramente mettere dei fix alle soste. Il vero valore aggiunto è l’arrampicata libera, e su Magic Trip il progetto di arrampicare senza appendersi ai chiodi è stato una bella motivazione.
Questa super linea è stata salita nel 1986 da due dei più forti alpinisti trentini del momento, Marco Pegoretti e Andrea Andreotti. Per venire a capo di questa ininterrotta fessura che incide la parete sud del Colodri i due hanno sfoderato le migliori arti dell’artificiale, forando la roccia solo per quattro volte, a parte alle soste. Alcuni chiodi devono aver richiesto anche mezz’ora di lavoro, per trovare il buco giusto e piantarli come si deve, mentre tutti i tratti in fessura sono stati saliti utilizzando stoppers, excentrix e cunei. Una linea stupenda che rispecchia le caratteristiche delle altre classiche al Colodri: arrampicata atletica su roccia rossa molto abrasiva.
A partire dalla scorsa primavera, con vari amici ho provato la via, al massimo mezze giornate in cui abbiamo controllato la chiodatura e provato i tiri. Alcuni erano da ripulire, con parecchi appigli friabili e chiodi da ribattere, ma meno duri di quello che sembra da sotto. In accordo con Marco Pegoretti mi sono permesso di mettere uno o due fix inox a rinforzare ogni sosta. Erano soste già chiodate a pressione e penso di non aver alterato la natura dell’itinerario. Risalendo una corda fissa con Simone e Alessandro liberiamo gli ultimi due tiri (che poi si rivelano tre) fino in cima al Colodri. Per concludere manca la libera tutta da capocordata e in un giorno solo, il famoso punto rosso (rotpunkt) di Kurt Albert.
Ieri con me ad accompagnarmi è venuto Marco Pellegrini, appena tornato da un super viaggio in Patagonia dove con altri amici è riuscito a salite la via dei Ragni al Torre. E’ da un po’ che non ci vediamo e non c’è occasione migliore di questa per passare una giornata dove azzerando le energie strizzando le prese si ritorna a casa più carichi che mai.
Un sogno si è appena concluso nel migliore dei modi ma una linea molto vicina e sempre più concreta nelle nostre menti è li ad aspettarci per regalarci degli altri momenti di “rock paradise”.
Ringrazio gli amici che mi hanno accompagnato in questa mini-avventura a chilometri zero: Mirto Monaco, Mirko Corn, Stefano Bianchi, Massimo Faletti, Alessandro Beber, Simone Banal e Marco Pellegrini.
MAGIC TRIP, la via.
Nata come via in arrampicata mista (7°/A3) è stata liberata con difficoltà stimate fino al 7b.
E’ una via molto alpinistica, la roccia è stata ripulita qua e là ed è generalmente buona ma con qualche presa di dubbia tenuta e qualche sasso mobile nella parte alta che impone esperienza alpinistica. La chiodatura è quella originale, alcuni chiodi sono stati ribattuti o riposizionati e nel complesso è affidabile, tuttavia molti passaggi difficili vanno protetti con materiale a incastro. Il secondo e quarto tiro presentano delle spettacolari fessure di incastro di mano molto fisiche, è utile usare dei guantini da fessura.
Considerato che i potenziali voli sono quasi sempre nel vuoto e le soste sono a prova di bomba la via non è pericolosa e il grado obbligatorio non supera il 6b. Per la continuità nelle difficoltà è da considerarsi una delle più difficili vie tradizionali della valle e sono certo che in breve tempo diventerà un must per gli appassionati del genere.
Materiale: è preferibile usare due mezze corde e un cordino per recuperare il sacco, scalando leggeri, serie di friends dai TCUs al #3, doppiare 0.5,1,2, serie di stoppers.
Accesso: Seguire la ferrata fino al tornante secco a sx, un muretto di 20m di 3° grado porta al terrazzino di sosta dove parte la variante a decima sinfonia diventata poi “Sotto Vuoto”, la via inizia 8 metri a sinistra, visibili chiodi con cordoni.
Rientro: A piedi dalla ferrata. Dalla sosta del 3° tiro si scende con una doppia di 50m, da sopra il 4° tiro il rientro è molto complesso e sconsigliato.
Raccomandazioni: Per chi è intenzionato a scalare la via in artificiale si consiglia qualche cliff e pecker e una doppia serie di friends e nut, nel caso in cui si piantino chiodi (non è necessario) si raccomanda di toglierli per lasciare libere le fessure e gli appigli necessari per la scalata in libera.
Data l’esposizione in pieno Sud è una via per il periodo invernale o al massimo inizio primavera e tardo autunno. L’itinerario si sviluppa immediatamente sopra alla ferrata ed è possibile il rischio di far cadere qualche sasso, pertanto si raccomanda di ripeterla solo in periodi di scarsa frequentazione, in inverno e infrasettimanale, e di prestare la massima attenzione, fermando l’arrampicata a scopo preventivo nel caso in cui qualche escursionista transiti al di sotto.
Oltre al rischio di far male a qualcuno sarebbe un vero peccato se in caso di incidente decidano di ricoprire la parete di reti paramassi, come è già successo altrove.
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