Nel gruppo dell’Adamello si è combattuto terribili battaglie e patito le pene dell’inverno sopra i 3000 metri, e a distanza di più di cento anni vi sono ancora molte testimonianze di quelle tragedie.
Vi propongo alcuni itinerari nel versante meridionale del gruppo, che si distinguono per impegno e caratteristiche ma con un filo conduttore: visitare i luoghi dove soldati Austriaci e Italiani si sono fronteggiati in quella che è stata una delle guerre “di alta quota” più particolare della storia.
La caratteristica che accomuna questi percorsi è il salto a piedi pari nella storia: ritrovarsi tra i resti di baraccamenti dove i soldati hanno vissuto per anni combattendo con l’inverno, tra bossoli di fucile, schegge di granate e oggetti del quotidiano: lampade a olio, paglia per i giacigli, stufe di lamiera, ossa di vacca e mulo che venivano fatte salire in teleferica per fare il brodo, reticolati, assi portate a spalle per lunghi tratti dalle donne rimaste a valle. Seguire i percorsi che permettevano il collegamento quotidiano tra una postazione di vedetta e l’altra, ora ridotti a resti danneggiati dagli inverni ma che ancora offrono la possibilità di immaginarli ben manutenzionati e percorsi dai soldati senza la sicurezza di nessuna corda, e magari alla merce del fuoco nemico.
Questa vetta è stata salita nel 1895 ma il suo nome è stato dedicato successivamente ad Attilio Calvi. La storia dei fratelli Calvi e di loro madre è una vicenda veramente triste e interessante, che merita la lettura di un articolo specifico di cui vi rimando qui il link. Semplificando Attilio è stato il maggior di quattro fratelli, tutti morti direttamente in combattimento o in circostanze legate alla grande guerra. E’ stata dedicata una vetta anche alla madre (punta Mamma Calvi, nello sperone della Ronchina, Presanella). Nella retorica del fascismo incalzante mamma Calvi è stata per anni sbandierata come esempio, madre di eroi molti per la patria.
La via degli Alpini è un percorso di guerra attrezzato dalle truppe italiane, che sfruttando una serie di cenge e terrazzini opportunamente collegati fra di loro con scale, pioli, funi e fili di ferro permette il superamento del ripido versante NO, al riparo dell’artiglieria nemica. Il percorso parte da appena sotto il Passo di Lares e conduce in cima, poi è possibile proseguire la traversata al passo di Cavento. Nel luglio del 1970, quando ancora si prativa lo sci estivo sul ghiacciaio della Lobbia il percorso è stato ristrutturato e consolidato e per un periodo è stato ripetuto di frequente. All’oggi l’itinerario e le sue strutture sono completamente abbandonati alla furia degli elementi, tuttavia con un uso attento della corda è ancora percorribile.
Ci sono molte possibilità, personalmente penso che la soluzione più elegante sia inanellare quattro cime in due giorni, spezzando la traversata con una notte indimenticabile al bivacco Laeng (passo di Cavento).
Primo giorno: salita dal sentiero Mattarot fino al ghiacciaio della Lobbia. Salita del Crozzon di Lares dalla via normale sul versante ovest o dalla cresta Nord ovest (leggermente più impegnativa, fino al III°), salita della via degli Alpini alla punta Calvi e discesa al passo di Cavento. Pernottamento al bivacco Laeng posto al passo di Cavento.
Secondo giorno: salita del Corno di Cavento di buon mattina e traversata della vedretta di Lares fino ai pedi della normale al Carè Alto, salita e discesa cresta nord (via normale) e discesa dalla val di Borzago passando dal rifugio Carè Alto.
Partendo in una valle e finendo in un altra è necessario usufruire di un servizio taxi da pagarsi a parte rispetto alla tariffa sotto indicata. Il prezzo del taxi è 150€.
Per fare invece la sola punta Calvi dalla via degli Alpini si può partire dal rifugio Lobbia, salendo dal rifugio Mandrone (o Matarot) e scendendo dal Matarot.
Tariffa